Anidride Solforosa

SO2

L’anidride solforosa è il conservante più antico che si conosca, infatti gli antichi romani usavano bruciare lo zolfo all’interno dei contenitori destinati alla vinificazione. Oggi essa viene largamente utilizzata in enologia sia per le qualità antiossidanti che per il potere riducente. Nei vini rossi la quantità massima permessa dalla legge è di 160 mg/l mentre nei bianchi è di 210 mg/l (anche se alcuni vini d’oltralpe raggiungono i 400 mg/l). I grandi vinificatori preferiscono però usare la microfiltrazione amicrobica che consente la stabilità del vino senza l’aggiunta di conservanti.

La tossicità acuta espressa come dose letale nel 50% dei casi (DL50) è di 1000/2000 mg/kg, ma occorre tener conto anche delle dosi che si assorbono giornalmente da scarichi di gas da autoveicoli, impianti di riscaldamento, impianti industriali, nonché tutti i solfiti utilizzati in campo alimentare (per la conservazione dei crostacei, verdure, ortaggi bianchi, carni macinate e nella ristorazione, grill, fast food ecc.).

La dose giornaliera innocua per l’apparato digerente, definita dal comitato scientifico internazionale dell’alimentazione, è di 0,7 mg/kg di peso corporeo (nella fattispecie 55mg per un adulto di 80kg e 20 per un bambino di 30kg).

Immettendo metabisolfito nel vino, assieme agli acidi ascorbico, citrico e tannico (quest’ultimo solo nel vino rosso) conferisce corpo specialmente nei vini deboli e con alto PH, si neutralizza l’ossidazione lo stabilizza e lo rende più forte alle deviazioni microbiche; occorre però non superare le dosi consigliate.